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Resistenza

Nei giorni del lockdown, la parola d’ordine era: resistere.
La tanto inflazionata resilienza, era stata accantonata, per lasciare spazio a un sentimento coriaceo di sopravvivenza.
Quasi nulla di ciò che abbiamo fatto era per puro piacere.
Fare ginnastica, uscire dieci minuti al giorno, pulire casa, lavorare, dedicarsi allo yoga, al salto della corda, alle scale su e giù decine di volte, indossare ogni giorno il reggiseno e abiti puliti saltando fuori dal pigiama, cucinare, seguire Davide a scuola, persino fare l’amore, era diventato un cazzutissimo atto di resistenza.
Si signore.
Per non lasciarsi andare, per non soccombere alla voglia di trascinarsi per casa dal divano alla sedia, dalla sedia al letto, passando il tempo a fare zapping su Netflix mangiucchiando porcherie dalla dispensa.
Per non perdersi in quel tempo grigio e informe, che aveva perso ogni definizione e ogni confine, dove non esistevano più spazi fisici o mentali, dove ogni azione si mescolava ad un’altra, dove ogni attività cascava dentro l’altra senza soluzione di continuità.
E così per mesi.
Ma abbiamo resistito, sì.
E oggi siamo qui.
Più forti, più solidi, più strutturati.
E spaventati a morte per quello che ci aspetta.
Con la voglia di restare rintanati ancora un po’.
Col timore di mettere il naso fuori dal nostro guscio, che fa a botte con il richiamo impellente di vita e normalità.
Sento che gli strascichi di questo lockdown me li porto ancora addosso, come un mantello pesante.
E li vedo lampanti, nelle persone intorno a me.
Non devo più resistere adesso, posso lasciarmi andare.
E nel farlo, è come se le mie paure fossero uscite allo scoperto d’improvviso, tutte insieme, come le chiocciole all’alba dopo una notte di pioggia.
E mi sciolgo in pianto, e non uso questo verbo casualmente. Perché è come se tutti i nodi fatti stretti in questi mesi, che mi tenevano insieme, si fossero finalmente sciolti, e io perdessi parti di me che ruzzolano dappertutto come biglie, e non so più come fare a rimetterle insieme.
Mi sciolgo dunque, ma ho la fortuna di farlo nell’abbraccio di chi mi ama e sa meglio di me come riannodare i miei fili sparsi dappertutto.
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