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Festa del papà

Oggi il mio pensiero va a tutti i papà separati, che in questi giorni infiniti e complessi non possono vedere i propri figli.
Ai papà che fanno mestieri difficili, ai medici, infermieri, operatori sanitari, vigili del fuoco.
A tutti quelli, insomma, che sono in prima linea, e pagano in prima persona con l’isolamento e la distanza dai propri cari.
Ai papà che magari non sono papà di sangue, ma che accolgono i figli degli altri come propri, e accarezzano piccole teste e anime con l’amore che non serve venga segnato dal legame biologico.
Ai papà che hanno perso questa battaglia contro il coronavirus, magari già anziani e debilitati, ma non è un alibi, né può farci soffrire di meno, quando a morire è un anziano, se quell’anziano è tuo padre.
Ai papà che diventano nonni, e che oggi sono tenuti anche loro lontani dai nipoti. Che beffa che questo virus usi come veicolo proprio i bambini.
Si dice che i luoghi affettivi siano luoghi di protezione; che le difese immunitarie si rafforzino a fare l’amore e là dove c’è amore.
Ma l’assenza di relazioni e contatto fisico lascia morire un po’ alla volta; fecero persino una ricerca sui neonati: quelli che ricevono meno contatto fisico sono meno reattivi e più deboli.
Forse per questo qui riusciamo a resistere, nel nostro piccolo fortino.
Ma il resto della nostra splendida famiglia allargata manca tanto.
Tenetevi stretti, chi fra voi può.
E abbracciatevi, finché si può.
Buona festa del papà.
Immagine di @snezhana soosh

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