“Che bestia strana la fiducia”.
Esordisce così la mia amica Valentina, dopo le nostre disquisizioni sui comportamenti kamikaze, sulle delusioni, le porte in faccia, le ferite aperte e facciamo che mi fermo qui.
Per me la fiducia è piuttosto una pianta, ha a che fare col mondo vegetale, con quel miracolo per cui tutta la merda che buttiamo fuori respirando viene magicamente tramutata in ossigeno, che ci permette di respirare ancora e vivere.
Ha radici forti questa pianta, delicata eppure pervicace, che crescono profonde; saldi ormeggi che faticano ad attecchire, ma una volta ancorati al suolo diventano punti fermi inamovibili, sempre capaci di ridare nuova vita.
Pianta che può essere schiacciata, estirpata, scalpicciata la fiducia, ma le sue radici restano lì, pronte a nutrirsi di nuova linfa, e a germogliare di nuovo, ad ogni nuova occasione, un nuovo amore, una nuova amicizia, un progetto nuovo, di lavoro, di relazione, di vita.
Quante volte siamo capaci di nascere di nuovo dalle nostre macerie? Come quei ciuffi d’erba che nascono tra le mattonelle in città, inaspettati e inevitabili.
Quante seconde possibilità siamo capaci di dare? Non alle persone che tradiscono e pensano di uccidere la nostra capacità di affidarci.
Ma a noi stessi.
Che con coraggio, dopo aver coltivato il nostro dolore e il nostro fallimento, dopo esserci rifugiati nel buio confortevole del nostro terreno ormai arido, troviamo l’audacia, un giorno, di buttare fuori il nostro germoglio, ancora, e ancora e ancora.
Siamo noi le bestie strane.
Incapaci di rassegnarci alla sterilità
Perché non si butta via niente, nemmeno il dolore.
Dal letame nascono i fior…