Siamo fatti al 90% di alibi, paure, rimpianti, tentennamenti, incertezze, passi all’indietro.
Siamo fatti delle cazzate che ci raccontiamo per paura di essere felici, delle scuse che troviamo ogni giorno per non uscire dalla nostra comfort zone, degli alibi dietro ai quali ci nascondiamo per non affrontare a viso aperto situazioni scomode, conversazioni indesiderate.
Siamo fatti al 90% di treni persi, di parole non dette, di occasioni mancate, di gesti negati, di follie “che vabbé non è il caso”, di “sarà per la prossima volta”, di baci negati, di sguardi abbassati, di abbracci non dati, di corse a perdifiato interrotte al primo slancio, di semi calpestati ancora prima che potessero osare germogliare.
Siamo fatti di inviti declinati, di non è il momento giusto, di scelte sbagliate, di tasti stand-by schiacciati per dimenticarci subito dopo di rimettere in moto l’ingranaggio inceppato del nostro stupido motore.
Siamo fatti di notti passate a fissare il soffitto, di giornate vuote senza uno scopo preciso, di pigiami indossati la domenica pomeriggio, di caffé bevuti in solitaria sul balcone, di disequilibri recuperati sempre all’ultimo istante, ché cadere fa più paura di volare.
Siamo fatti di messaggi scritti fino all’ultima parola e poi cancellati, di mail rimaste nella cartella “bozze”, di citofoni che non abbiamo avuto il coraggio di suonare, di felicità che non abbiamo saputo cogliere né aspettare.
Siamo fatti di viali alberati e foglie che scricchiolano, di tramonti in cui il sole sparisce troppo velocemente dietro l’orizzonte, di canzoni che non vogliamo più ascoltare perché fa troppo male, di sere in macchina sotto al portone senza il coraggio di salire né la volontà di scendere.
Siamo fatti di tira e molla, situazioni sospese, dialoghi interrotti, amplessi mancati, mani che si lasciano, strade grigie, maglioni di lana bagnati di pioggia, cieli stellati troppo grandi da sopportare e tisane bollenti che bruciano la lingua.
Siamo fatti di lamentele, di “capitano tutte a me”, di responsabilità sempre rovesciate addosso agli altri, dell’incapacità di guardarci dritti negli occhi, e di guardarci dentro alla ricerca della nostra sorgente da cui tutto ha origine e in cui tutto finisce.
Siamo fatti di tutte le volte in cui siamo stati sordi alle richieste altrui, ciechi nel non vedere chi davvero ci stava davanti, muti come pesci, per orgoglio, testardaggine, o semplice terrore di aprire il cuore e vederlo tutto sommato ancora intero.
Siamo fatti di sentimenti trascurati, di impulsi sottovalutati, di emozioni stordite, lasciate tramortite in un angolo, come un cane abbandonato in autostrada di cui non vogliamo più prenderci cura.
Siamo fatti di quell’ultimo bicchiere prima che il locale chiuda, di quell’ultimo bacio che non si è riusciti a dare per la troppa rabbia, di porte chiuse, sbattute, riaperte senza trovarci nulla dietro, perché forse nulla c’era mai stato.
Siamo fatti al 90% di mani usate per costruire muri anziché per demolirli, e di coraggio sfoggiato solo per prenderci il rischio di rinunciare anziché per osare a cuore aperto, di essere felici.