gregio Sig. Barilla,
Dopo aver letto il suo intervento a “La Zanzara”, le successive scuse e le polemiche che ne sono sfociate, sento di dover esprimere il mo disappunto riguardo non tanto la strumentalizzazione gretta che si è fatta delle sue parole contro i gay, quanto sulle sue affermazioni concernenti la famiglia tradizionale in genere.
Quello che mi ha urtato di più da donna è, lo ammetto, la sua visione arretrata del ruolo femminile, nella famiglia come nella società, che effettivamente si evince da sempre dai vostri spot.
Da ormai 30 anni infatti “la famiglia del Mulino Bianco” è entrata nell’immaginario comune, e addirittura nel lessico di tutti i giorni, ad indicare la famiglia perfetta, che tutti sembrano desiderare.
E se così non è bruci all’inferno.
Leggendo alcuni stralci della sua intervista mi sono chiesta se lei sia stato catapultato qui direttamente dal 1213, strumenti di tortura alla mano, e se sia pronto a mettere al rogo la femmina che educhi il proprio figlio maschio a levarsi il piatto da davanti una volta finito di mangiare e, onta e disonore, persino a cucinare lui medesimo!
Sono fra le privilegiate che hanno un marito che cucina, e bene pure, e spesso lo fa per me con giubilo di tutta la famiglia. Ma non credo che per questo si senta sminuito nel suo ruolo di capofamiglia, né meno maschio.
Sparecchia e carica la lavastoviglie, e giuro che più di una volta l’ho visto prendere in mano una spugnetta per i piatti gonfia di schiuma e detersivo per grattare via lo sporco più ostinato. Certo, per mantenere intatta la sua virilità evita i guanti di gomma rosa con morbida felpa all’interno; la mano ruvida e screpolata mantiene sempre un suo perché.
Le svelerò inoltre un segreto, alla rivelazione del quale so che le tremeranno i polsi: è stato lui ad insegnarmi a stirare i pantaloni con la piega! E non disdegna in genere di dilettarsi col ferro da stiro, specialmente per quanto riguarda le sue camicie.
Con una certa soddisfazione il mio nano duenne, maschietto onde fugare dubbi, prende esempio: adora passare l’aspirapolvere e il panno per terra, mi aiuta a stendere e a riporre i piatti dalla lavastoviglie. E più di una volta l’ho visto passeggiare per casa con le mie scarpe col tacco, tanto quanto, per equità, con le scarpe da ginnastica di papà.
Mi spieghi dunque qual è il suo concetto di famiglia tradizionale, “nella quale la donna – e la cito testualmente – ha un ruolo fondamentale, è il centro culturale di vita strutturale di questa famiglia”.
Ora, io non sono stata cresciuta esattamente da una suffragetta, ma alcuni concetti di base mia madre me li ha insegnati; altri li ho acquisiti nel tempo, e la inviterei a riflettere su quanto questo ruolo da lei decantato si sia evoluto negli ultimi decenni, per volontà e necessità.
Talvolta forse destabilizzando questa nostra società, ancora incapace di assecondare ed accettare la donna in tutte le sue molteplici sfaccettature, non solo di madre e moglie devota, ma anche di donna in carriera, che coltiva la propria individualità, le proprie amicizie, le proprie passioni, con la stessa devozione con cui è capace di dedicarsi alla famiglia e ai figli.
La cosa meravigliosa di noi donne è che possiamo servire un piatto di pasta fumante al nostro uomo col sorriso sulle labbra, e due ore dopo metterci a montare una mensola trapano alla mano senza che nessuno venga a puntare il dito sulla nostra femminilità messa a repentaglio da attività ritenute tipicamente maschili.
Noi donne possiamo portare i pantaloni, dirigere il traffico, guidare i bus, andare in moto e persino governare un paese, senza essere additate come “lesbiche” o “maschiacci”.
Anzi, spesso tali donne sono definite “con le palle” che, nonostante sia un’espressione che mi infastidisce alquanto, non ha certo la valenza negativa del “frocio” o “femminuccia” con cui viene spesso apostrofato un uomo che si dedichi ad attività universalmente catalogate come “da femmina”.
Agli uomini insomma, il privilegio di mostrare il lato tenero e femminile non è concesso, e mi creda se le dico che anche lei, convinto del suo pensiero, si sta perdendo qualcosa di unico e meraviglioso.
Cambiare un pannolino, annusare una rosa, farsi un pediluvio, impastare una pizza, spolverare, giocare coi pentolini con la propria figlia, piangere di commozione di fronte ad un film romantico, apprezzare un libro di Margaret Mazzantini, non scalfisce in alcun modo il vostro modo di essere uomini, non vi rende meno virili ai nostri occhi, e non dovrebbe essere così nemmeno di fronte agli occhi della società.
Tutto questo per dirle, caro Sig. Barilla, che siamo nel 2013, la società evolve, i ruoli cambiano, le donne lavorano sempre più per necessità, perché con uno stipendio ormai si tira a campare, e spesso anche con due, e questo significa sacrificio e devozione e un’infinità di compiti differenti che sono spesso demandati alle donne perché più inclini per natura a occuparsi di più cose contemporaneamente, e perché la società ancora non accetta che sia l’uomo a mettere in tavola quel piatto di pasta fumante.
Infine, un’ultima precisazione sul concetto di “famiglia tradizionale”; da quanto leggo, la sua idea è quella di una famiglia basata su un padre che copre egregiamente il suo ruolo di capofamiglia e che rivendica il diritto di un piatto caldo alla sera, dopo una giornata di duro lavoro. Allo stesso modo la donna dovrebbe essere relegata al ruolo di donna e mamma, possibilmente casalinga.
E i due dovrebbero inoltre aver generato un numero adeguato di pargoli. Sotto il sacro vincolo del matrimonio perché, beh più tradizionale del matrimonio all’italiana cosa c’è?
Se mi sbaglio mi corregga.
Se l’idea è questa, e siccome lei invita a non comprare i vostri prodotti chi non condividesse la sua visione, ci tengo a farle un breve ricapitolo dei potenziali acquirenti che potrebbero scegliere la pasta del discount, non trovandosi d’accordo coi valori Barillini.
Coppie omosessuali, ma questo era già chiaro.
Amici di coppie omosessuali, e in genere chi ritiene che una coppia omosessuale sia da considerarsi una famiglia a tutti gli effetti.
Coppie divorziate, separate, in seconde e terze nozze.
Famiglie allargate in genere.
Vedovi e vedove.
Mamme e papà single.
Le coppie miste e quelle che hanno adottato anziché procreato rientrano nel calderone? Sennò dobbiamo eliminare anche quelle.
E poi sì, mi spiace, ma anche coppie con esagerata differenza d’età, tipo lui 77 e lei 28. Mi vorrà mica far credere che questa può essere considerata una “Famiglia tradizionale”?
Coppie di immigrati? Perché è da vedere se è accettabile servire al marito un piatto fumante di cous cous anziché di lasagne emiliane.
Infine, i 35enni della mia generazione, cresciuti negli anni ’80 a botte di tegolini e Avventure del Piccolo Mugnaio Bianco, perdutamente innamorato della gigantessa Clementina. Decisamente una coppia lontana dal prototipo di famiglia tradizionale.
Ecco, ci pensi, perché come vede la fetta di mercato si allarga. E parecchio.
E il ruolo di grandi aziende come la vostra, non è farsi portatrici di valori, bensì vendere.
E quando si comincia a lucrare sulle nostre piccole certezze di famiglia imperfetta, ci vogliono davvero grandi capacità comunicative per farlo con stile, e non finire catalogati tra i rappresentanti del Folletto e i venditori di Media Market.
Cordialità.
El Allegro.
p.s.
ho voluto usare come miniatura di questo articolo la Sacra Famiglia di Michelangelo, una delle mie opere preferite di questo artista, nonché simbolo universale, visto il tema, della famiglia imperfetta.
Per saperne di più consiglio la lettura dei Vangeli Apocrifi, e l’ascolto de “La Buona Novella” di Fabrizio De Andrè.