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Dietro ogni grande donna, c’è un uomo di merda che annega in un bicchier d’acqua

E’ un dato di fatto.
Gli uomini hanno un costante bisogno di attenzione e rassicurazioni; non possiamo distrarci un attimo, né lasciar loro l’impressione che il nostro mondo si sia spostato di qualche centimetro dal centro rassicurante che loro pensano di rappresentare.
Non riescono a starsene in disparte, e guai a farli sentire inferiori.
Un uomo difficilmente riesce a subire lo stress di una donna più in gamba di lui, ed è capace di gioire dei successi della propria compagna solo se in qualche modo se ne prende il merito.
E già.
Perché noi donne non siamo in grado di fare niente da sole, che non siano i figli e poche altre mansioni prettamente femminili.
E tant’è anche lì, troveremo sempre qualcuno che metterà il becco e che sa farlo meglio di noi.
Come lo zelante pensionato che, regolarmente, si mette a farti segno mentre posteggi.
In effetti senza di lei, brav’uomo, non so come ho fatto a posteggiare nei miei primi trentasette anni di vita.
Ma si sa, sono donna. Non venirmi ad insegnare come si rimescola il sugo, ma fammi un bignami sull’uso del servosterzo, per carità.
Mi sono confrontata con tante amiche in queste ore, dopo i commenti a caldo delle elezioni di ieri, che hanno visto salire alla carica di sindaco due donne, giovani e preparate.
Ne è uscito un quadro amaro, analizzato con tanta autoironia ma in verità terrificante.
Il sessismo dilagante di questa triste epoca, ha raggiunto ieri uno sei suoi apici, se un quasi ex marito di una giovane e capace donna, si è sentito di ricordare pubblicamente all’intero paese che se lei è lì e anche un po’ merito suo.
Oltre a dimostrare di non essere in grado di accettare che la sua donna abbia altro al centro del proprio mondo, che non sia un marito che si piange addosso e che mancava poco chiosasse la sua lettera tragicomica con un “il frigo è vuoto, ma tranquilla la spesa la faccio io. ANCHE stasera.”
E nemmeno Repubblica ha saputo resistere alla tentazione di etichettare la neoeletta sindaca di Torino come “neomamma”.
Che a noi mica interessa che sia laureata alla Bocconi e possieda un curriculum di tutto rispetto, che guarda un po’, si è guadagnata ben prima di diventare mamma.
E poi mi chiedo: ce ne frega qualcosa? A meno che essere mamma non faccia curriculum.
E direi di no, o le dimissioni in bianco smetterebbero di esistere.
Dei sindaci eletti nelle altre città sappiamo se sono divorziati, sposati, padri, genitori o compagni affettuosi?
No.
Chiedetevi come mai.
Perché sono uomini.
Mentre una donna dev’essere prima di tutto MOGLIE (vedi la Raggi) e MAMMA (vedi la Appendino).
E allora smettiamola di chiederci come mai sia tanto importante cominciare a chiamare queste donne sindache, al femminile.
Un uomo accetterebbe mai di farsi chiamare sindaca? Non credo.
Quindi diamo un nome alle cose, cominciamo a chiamarle col loro nome.
E finiamola di limitare la sfera d’azione femminile al focolare e al parco giochi.
Esistono donne, là fuori, che guarda un po’ si sentono realizzate anche senza essere mamme e mogli, o malgrado questo.
Perché hanno saputo scegliere compagni che le sostengono in maniera concreta nella realizzazione di loro stesse, al di là delle notti in bianco e del punto croce da applicare ai bavaglini.
O hanno saputo liberarsi dell’uomo di merda che le paragona all’acqua che scorre potente e invece, in un biccher d’acqua, annega.

p.s.

solo per stomaci forti La lettera di Andrea Severini alla moglie

 

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